Claudio Gnoli

Il mio primo schedario

Ricordi infantili di architettura dell'informazione


A giudicare da questa fotografia scattata quando avevo due anni e cinque mesi, sembra che la mia attrazione per i documenti scritti sia esistita da sempre, e sia dunque innata.

Vi sono ritratto in mezzo a due delle mie cugine, Carlotta mia coetanea e Alessandra maggiore di due anni, e a differenza di loro che guardano il fotografo, io sto esaminando un giornale appoggiato sul tavolo da qualcuno dei nostri genitori. (Beninteso, le mie cugine hanno in séguito dato prova di ottime capacità, diventando l'una architetto e l'altra ingegnere.)

Siamo nella sala della vecchia casa di famiglia in paese, abitata all'epoca dalla nonna Maria, che di domenica e d'estate tutti i figli con le loro famiglie venivano a trovare da Tortona e Milano. Ci fermavamo tutti per pranzo, originando quelle riunioni di famiglia che abbiamo poi sempre continuato con piacere, anche se allora il clima pare non fosse dei più distesi, per veniali differenze di carattere e per lo spirito severo della nonna.

Noi bambini invece dovevamo costituire la piacevole curiosità di tutti, osservati e descritti come fossimo graziosi animaletti. Zio Pippo, notando come a tavola fossi serio e silenzioso, se ne uscì con un'esclamazione entrata nel lessico familiare: «Tace, tace... e spazzola tutto il piatto!». E un'altra mia prestazione bizzarra si dice fosse appunto quella di "leggere il giornale" pur senza aver ancora imparato l'alfabeto. In séguito le edicole, con la loro insolita concentrazione di documenti scritti, mi si sarebbero rivelate come luoghi di delizie, dove peraltro ci si soffermava meno di quanto avrei voluto, solo il tempo di acquistare un quotidiano; e infatti alla domanda su quale mestiere volessi fare da grande avrei a lungo risposto «il giornalaio».

I miei ricordi soggettivi di quel luogo in quei tempi sono forzatamente vaghi, ma so che la sala in cui pranzavamo, e che in altri momenti attraversavo a bordo di un triciclo, mi appariva piuttosto esotica e piena di oggetti strani, come la stufa nel mezzo o la pelle di montone bianca e nera stesa sul divano. Uno che mi attraeva misteriosamente mi è all'improvviso tornato in mente mentre rispondevo a qualche curiosità sulla mia famiglia da parte di una nuova conoscenza. Si trovava, credo, sul davanzale di una delle finestre della sala che danno su via Cornaggia (una generazione dopo, soggiorno e camera da letto per i fine-settimana della decenne Diana con i suoi videogiochi e le sue Wynx o comesichiamano).

Era una scatola contenente due file di schede lucide e colorate, la cui funzione non mi era del tutto chiara e comunque non era ciò che mi interessava.

Il bello era invece che le immagini sulle schede fossero tutte uguali, quadrate, e accompagnate da diciture e numeretti anch'essi allineati. Queste caratteristiche, ora mi rendo conto, furono quasi certamente il mio primo contatto con il fascino per me irresistibile dei repertorî.

Una breve riflessione e qualche domanda a mamma e zii mi hanno permesso di ricordare chi fosse l'erede attuale detentore dello storico oggetto: la zia Mariarosa, del resto a buon diritto essendo la migliore cuoca dell'intero parentado. Con molta disponibilità la zia mi ha portato in prestito il cimelio, che ho così potuto analizzare più freddamente a distanza di una quarantina di anni.

Trattasi del repertorio di ricette Club della cucina, edito da Arnoldo Mondadori, acquistato dalla nonna Maria nel maggio 1971, ossia poco prima della nostra foto col giornale, e tenuto in casa negli anni della sua vecchiaia.

All'occhio odierno, abituato alle infinite grafiche accattivanti disponibili su Internet, esso appare molto meno intrigante, oltre che consumato dai decenni di consultazione di nonna e zia. Molti dei piatti proposti, poi, sono assai semplici: Uova e spinaci al forno, Filetti di sogliola al burro... Il che dopotutto è anche una cosa carina — evviva la sobrietà e la decrescita —, ma lo renderebbe al giorno d'oggi difficilmente vendibile.

Ciò che è molto più interessante per un Claudio di allora e di oggi è una certa cura nella sua architettura dell'informazione. Oltre alla loro piacevole uniformità grafica, le schede sono raggruppate in categorie:

Aperitivi e cocktails
Antipasti
Minestre
Riso
Pasta
Carni arrosto
Carni in casseruola
Carni bollite e in tegame
Carni alla griglia
Pesce
Uova
Surgelati e cibi in scatola
Insalate e verdure
Patate, funghi e asparagi
Cucina rapida
Cucina stagionale
Cucina regionale
Cucina internazionale
Dessert

Esse sono peraltro concepite con una logica enumerativa che non dispiacerebbe al Borges de L'idioma analitico di John Wilkins: perché mai gli asparagi non sono compresi nelle verdure? E in base a quale principio il Risotto con asparagi sta invece sotto Riso? Un piatto di Cucina rapida non potrebbe contemporaneamente far parte della Cucina regionale?... Problemi che sarebbero in buona parte risolti da un sistema di rinvii o, in ambiente digitale, dall'impiego di parole-chiave (tag).

Ciascuna categoria è preceduta da un indice di tutte le schede in essa comprese. Sia nell'indice che sulla scheda corrispondente, le ricette sono poi identificate da una notazione numerica (ahimé banalmente progressiva: nessuna traccia di faccette né altri dispositivi combinatorî).

Ogni scheda è dunque composta da un titolo, un numero, una categoria, una fotografia a colori del piatto ultimato, e sul retro gli ingredienti e la ricetta:

Soufflé di spinaci
Surgelati e cibi in scatola
367
...

Le dimensioni e il materiale si prestano a solitari vertenti sul rimescolamento e la ridisposizione delle schede... Una prima risorsa per un appassionato ancora inconsapevole di organizzazione della conoscenza!

 
Con questo modo di scorrere, l'intelletto ha notizia di qualsiasi principio. E tutte le volte che lo mescola in modo differente, ottiene da esso un'informazione diversa.

[Raimondo Lullo, Arte breve, 1308 d.C.] 

 

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« [idem] — Università di Pavia. Dipartimento di Matematica <http://www-dimat.unipv.it/gnoli/schedario.htm> : 2014.06.27 - 2021